La Mappa non è il Territorio

La Mappa non è il Territorio

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Le mappe servono
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Ma la mia mappa è il territorio!
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Il complesso di Dio
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Per le nostre mappe facciamo la guerra
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Malintesi

Potresti aver già sentito dire: «La Mappa non è il Territorio», dove “Territorio” sta per “realtà” e “Mappa” sta per la rappresentazione soggettiva della realtà.

Perciò, “La Mappa non è il Territorio” significa che ognuno di noi ha una propria visione della realtà, e che questa è inevitabilmente diversa sia dalla realtà stessa che dalla mappa delle altre persone.

Ed è un fatto noto; ognuno di noi ha una personale percezione e interpretazione della vita, del mondo, di ciò che accade, degli altri e di sé stesso.

Ogni singolo individuo ha le proprie convinzioni, i propri valori, le proprie strategie.

Ognuno di noi attribuisce specifici significati a ciò che accade, e i significati che una persona “A” attribuisce a un fatto sono diversi da quelli che un’altra persona “B” attribuirebbe al medesimo fatto.

Allo stesso modo “A” potrebbe decidere che un fatto “X” causi la conseguenza “Y”, mentre “B” potrebbe decidere che “X” causi “Z”.

Insomma, potremmo dire che non esistono due singoli individui che se ne vanno in giro per il mondo portandosi appresso esattamente la stessa mappa. Da questo punto di vista siamo tutti inevitabilmente diversi.

Le mappe servono

Le mappe servono

Intendiamoci, il fatto che ognuno di noi abbia una propria mappa è tanto inevitabile quanto indispensabile.

Le mappe servono perché sono, appunto, delle mappe, e come tali ci indicano come “navigare” il territorio.

Senza di esse non sapremmo come muoverci nel mondo e come relazionarci uno con l’altro. Per poterlo fare, dobbiamo farci delle idee su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, cosa sia vero e cosa sia falso, cosa sia possibile e cosa non lo sia, e così via.

Inoltre, il fatto che persone diverse abbiano visioni diverse è cosa buona e giusta, oltre che inevitabile. La diversità e le differenze infatti, lo sappiamo, sono alla fonte dell’evoluzione.

Tuttavia, il fatto che ognuno di noi abbia una propria visione delle cose comporta delle implicazioni sulle quali vale la pena di fare qualche riflessione.

Infatti, si tratta di implicazioni che producono delle conseguenze pratiche sulla nostra vita quotidiana e sul nostro benessere.

Andiamo ora a vedere quali sono alcune tra queste implicazioni e quali sono gli effetti che producono nella nostra esperienza soggettiva..

Ma la mia mappa è il territorio!

Ma la mia mappa è il territorio

La prima osservazione è che spesso, se non quasi sempre, commettiamo un errore grave e pericoloso: scambiamo la mappa con il territorio.

Ci dimentichiamo che la nostra visione delle cose è solamente la nostra opinione e finiamo per credere che sia invece la realtà.

Questo “piccolo” errore di valutazione, oltre a produrre conseguenze a volte disastrose nella comunicazione tra le persone, influenza anche profondamente il nostro equilibrio e benessere personale.

Ti faccio un esempio un pò “scolastico”, ma mi auguro sufficientemente chiaro.

Che tipo di significati tenderà ad attribuire a ciò che accade? Tendenzialmente negativi o positivi?

Una mappa ricca

Immagina che Alberto abbia una mappa di questo tipo: «La vita è un’avventura meravigliosa, il mondo un luogo altrettanto meraviglioso e sorprendente da esplorare, le persone sono fondamentalmente buone e io sono un persona di valore e con grandi risorse».

Una persona con una mappa come questa, tendenzialmente, di che umore si sveglierà al mattino? Ovvio, probabilmente buono.

Una mappa impoverita

Ora immagina invece una persona, che chiameremo Marco, con una mappa opposta: «La vita è una battaglia continua, il mondo un luogo triste e pericoloso, le persone sono fondamentalmente cattive e io valgo poco o nulla».

Nel momento in cui quest’ultima persona dimenticasse che la sua visione delle cose è solo, appunto, la sua personale visione delle cose, nel momento in cui dimenticasse che non è la realtà, come potrebbe stare? Di che umore si sveglierebbe al mattino? Che significati tenderebbe ad attribuire a tutto ciò che accade?

La mappa di Marco è quella che in PNL si chiama una “mappa impoverita; una mappa che perde di vista le distinzioni, le risorse e le possibilità di un mondo variegato e ricco.

Di conseguenza, quando perdi di vista delle distinzioni e pensi di non avere alcuna opzione disponibile, come ti senti? Oppure quando vedi poche possibilità, nessuna delle quali ti piace particolarmente, come puoi stare? Probabilmente male!

Del concetto di “mappa impoverita”, di cosa significhi esattamente, di come finiamo per crearla, di cosa comporti e di come poterla aggiornare, parleremo più approfonditamente in un prossimo articolo.

 

Il Complesso di Dio

Il Complesso di Dio

Come conseguenza del fatto che confondiamo la nostra mappa con il territorio e a causa del nostro bisogno di “certezza”, potremmo dire che tutti noi soffriamo un po’ di quello che il mio amico Brian Colbert chiama “Il complesso di Dio”: «Ho ragione, perché ho ragione, quindi ho ragione!».

E, a proposito del “complesso di Dio”, riporto qui sotto alcuni passaggi del bellissimo libro di Brian,”Le abitudini della Felicità“.

Il complesso di Dio

Gli esseri umani amano credere di avere ragione. Questo è ciò che io chiamo “complesso di Dio”. Gli psicologi lo chiamano “pregiudizio di auto-protezione”. Non soltanto crediamo di avere ragione, ma anche di non poter sbagliare.

Amiamo questo senso di certezza. Ci dà una sensazione di controllo sulle cose che ci riguardano. Tuttavia, non sempre il complesso di Dio gioca a nostro favore.

Ad esempio, immagina di avere una discussione con qualcuno: il tuo partner, un fratello, una sorella, un amico o un collega di lavoro.

Quale che sia l’esito della discussione, che tu abbia fatto la cosa giusta e ti sia riappacificato oppure no, la domanda è la seguente: «Hai mai creduto, anche soltanto per un momento, che la controparte avesse torto solo in parte?».

Naturalmente non avrai pensato di essere completamente nel giusto, ma in fondo in fondo, se ci rifletti, per lo più avrai pensato di avere ragione. È così che funziona. Il pregiudizio di auto-protezione entra in gioco prima, durante e perfino dopo una discussione […]

Il complesso di Dio si può spiegare così: «In realtà non sono il tipo di persona che prende a pugni qualcuno, ma se l’è meritato, mi ha fatto innervosire e arrabbiare così tanto, non smetteva mai… mi ha indotto a farlo. Normalmente non lo farei, ma se l’è andata a cercare».

Detto ciò, è ovvio che quando non prendiamo in considerazione l’idea di poter avere torto, quando non riusciamo a vedere le ragioni dell’altro, finiamo per:

  • parlarci addosso invece di comunicare;
  • creare conflitto invece di creare confronto e magari litigare;
  • non riuscire a vedere la realtà dei fatti;
  • e, di conseguenza, creare dei limiti per noi stessi e per gli altri.

Per le nostre mappe facciamo la guerra

Per le nostre mappe facciamo la guerra

Riassumo brevemente quello che abbiamo visto finora:

  • Il concetto che la mappa non è il territorio;
  • il fatto che tutti noi troppo spesso tendiamo a dimenticare che la nostra visione delle cose non è sempre precisamente aderente alla realtà;
  • il conseguente “complesso di Dio”, dovuto anche al nostro innato bisogno di certezza.

Tutto ciò genera delle conseguenze anche a livello collettivo; pur di difendere le nostre mappe, finiamo per fare la guerra e ucciderci uno con l’altro! Esiste forse qualcosa di peggio? Magari anche no!

A questo proposito riporto qui sotto un altro breve passaggio sempre tratto dal libro “Le abitudini della Felicità” di Brian Colbert.

Il complesso e l’appoggio di Dio

Se riferito a una collettività, un’intera nazione può fare la stessa cosa e credere non soltanto che il proprio punto di vista sia quello giusto, ma anche di avere talmente ragione da meritarsi l’appoggio di Dio.

Per me resta un mistero come sia possibile che gli esseri umani pensino (1) di avere l’esclusiva di Dio e (2) che il loro Dio incoraggi e, addirittura, approvi la distruzione di parte di ciò che ha creato, quando vengono compiuti atti di guerra.

Malintesi

Malintesi

Come se tutto questo non bastasse, c’è un ultimo aspetto da prendere in considerazione; il malinteso.

Dato che abbiamo la bizzarra tendenza a dimenticare il fatto che la nostra opinione personale sia, appunto, solo la nostra opinione e non la realtà, e che il nostro personale punto di vista potrebbe essere sbagliato, finiamo per dare per scontato che gli altri condividano la medesima realtà, abbiano la stessa mappa.

Come puoi facilmente immaginare, questo può dar luogo a una serie infinita non solo, come abbiamo già visto, di conflitti, ma anche di fraintendimenti.

Quando do per scontato che il mio interlocutore condivida la mia stessa mappa non mi occupo di indagare la sua.

Quando penso di avere assolutamente ragione non mi occupo di esplorare e di prendere in considerazione le ragioni dell’altra persona.

Tieni anche presente che la probabilità di fraintendimenti è insita nel linguaggio stesso. Di questo parleremo più approfonditamente in uno o più prossimi articoli.

Per il momento mi limito a qualche semplice esempio: le parole astratte, o meglio le parole che descrivono concetti astratti, come “libertà, amore, collaborazione”. Queste parole hanno una caratteristica; possono avere numerosi significati diversi.

Immagina che tu debba collaborare con Anna e che Anna ti dica: «Sono contenta di collaborare con te. Credo molto nella collaborazione», e che tu le risponda: «Mi fa piacere, anch’io credo molto nella collaborazione».

Nel momento in cui tu ed Anna date per scontato che la vostra personale idea di collaborazione sia condivisa, rischiate di andare incontro alla delusione delle reciproche aspettative.

Per Anna “collaborazione” potrebbe significare che tu debba essere sempre immediatamente disponibile. Per te “collaborazione” potrebbe significare invece la condivisione di tutte le informazioni in tempo reale.

Le aspettative di Anna verranno disattese e lo stesso accadrà alle tue aspettative.

È un esempio un po’ “scolastico” e tuttavia dovrebbe rendere l’idea di quando sia facile scivolare sul pregiudizio che la nostra mappa sia un fatto inevitabilmente condiviso dal nostro interlocutore.

In uno o più prossimi articoli andremo a vedere come creiamo le nostre mappe della realtà e come siano le mappe a generare il nostro comportamento.

Perciò, ti anticipo che se vogliamo cambiare il nostro comportamento o il comportamento di qualcun altro, dobbiamo cambiare la mappa e scopriremo i modi più efficaci per poterlo fare.

La fisica quantistica

La fisica quantistica

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La fisica quantistica
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La tana del Bianconiglio
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La storia della fisica quantistica
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Comincia l'avventura della fisica quantistica
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Il corpo nero
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La soluzione di Max Planck

Questo è un’articolo sulla fisica quantistica, o meglio ancora, sui principi fondanti della fisica quantistica, ed è la naturale prosecuzione di un articolo precedente: “Un nuovo paradigma della realtà“.

Sono consapevole che viene da chiedersi: «Ma cosa diavolo c’entra la fisica quantistica con il benessere? Perché parlare di fisica quantistica?»

Beh, secondo molti studiosi, le implicazioni della fisica quantistica hanno, o potrebbero avere, un’influenza determinante sulla nostra vita, sul nostro benessere e sui nostri risultati. Un’influenza con dei risvolti pratici una volta inimmaginabili.

Come anticipato nell’articolo precedente, secondo molti scienziati, le implicazioni filosofiche della fisica quantistica conducono a un nuovo paradigma della realtà.

Pensa solo che questo nuovo paradigma della realtà, fondato sulle scoperte delle fisica quantistica, è alla base di quella che, a livello popolare, è conosciuta come la legge dell’attrazione“.

La fisica quantistica - La voce di persone qualificate

La voce di persone
qualificate

Sono anche consapevole del fatto che potresti dire: «Ma che competenze hai tu per poter parlare di fisica quantistica?»

E la risposta è: «In effetti, nessuna specifica competenza».

Non sono certo un fisico teorico, e so anche che parlarne potrebbe apparire, da parte mia, arrogante, supponente o comunque troppo ambizioso.

Ecco perché te ne parlerò nel modo più corretto possibile, e cioè, utilizzando “la voce” di altre persone, persone assolutamente qualificate a parlare tanto di fisica classica, quanto di fisica quantistica.

Attraverso le loro stesse parole, riporterò i “fatti”, per come oggi la scienza li conosce, ed eventualmente la loro interpretazione.

La fisica quantistica

La fisica quantistica - La fisica quantistica

Facciamo un po’
di chiarezza

Prima di entrare, come si dice, “nel vivo dell’argomento”, vorrei fare un po’ di chiarezza, perché di fisica o meccanica quantistica si parla tanto, e a volte si crea un po’ di confusione.

Quello che spesso succede è che si “salti” alle implicazioni filosofiche prima ancora di aver chiarito le fondamenta scientifiche su cui queste implicazioni si basano.

Quante volte hai sentito parlare, per esempio, di “mente quantica”? Probabilmente molte; a volte a proposito e altre a sproposito.

Da tutto questo potrebbe derivare l’impressione che la fisica quantistica sia qualcosa di strano, magari addirittura un po’ esoterico, che forse esiste e forse anche no.

Così non è! La fisica, o meccanica, quantistica è quella parte della fisica che studia il comportamento dei corpi piccoli, delle particelle subatomiche, che sembrano non essere regolate dalle stesse leggi fisiche che governano i “corpi grandi”.

La meccanica quantistica spiega la struttura degli atomi, la struttura delle molecole, i legami chimici, il comportamento degli elettroni e dei metalli, e tante altre cose.

Ma anche gran parte della stessa tecnologia con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, è basata sulle leggi della meccanica quantistica.

Per esempio i semiconduttori, su cui si basa il funzionamento di uno smartphone, o anche il funzionamento del laser.

Quindi, la meccanica quantistica è una disciplina scientifica rigorosamente verificata; un insieme di strumenti matematici e fisici che servono per interpretare moltissimi fenomeni.

La tana del Bianconiglio

La fisica quantistica - La tana del Bianconiglio

Un mondo sotteraneo
ma ricco
di fantastiche promesse

Stiamo per addentrarci in un territorio “strano”, in un terreno in parte arato e in parte ancora inesplorato, un terreno che sembra davvero contenere il seme di un’interpretazione della realtà del tutto nuova.

Un seme dal quale potrebbero nascere piante e fiori con poteri speciali, capaci di essere la nostra “bacchetta magica”, un seme che potrebbe contenere rivelazioni che probabilmente ci condurranno molto più lontano di quanto ancora oggi si possa immaginare.

Idee che, come dice un fisico, ci conducono proprio sulla soglia della tana del Bianconiglio.

A questo proposito mi sembra corretto fare riferimento a un concetto espresso nell’articolo precedente “Un nuovo paradigma della realtà”, che ti suggerisco di leggere, ma che qui riassumo brevemente.

I pionieri della fisica quantistica avevano solo una vaga idea del territorio metafisico nel quale erano sconfinati e non sono perciò giunti alle implicazioni filosofiche alle quali stanno giungendo numerosi scienziati, provenienti da istituzioni credibili e di prima grandezza, che hanno prodotto una sperimentazione impeccabile.

La storia della fisica quantistica

La storia della fisica quantistica

La storia

di un fenomeno

ci aiuta

a comprenderlo

Il primo “shock”

Parleremo della storia della fisica quantistica partendo proprio dal suo inizio e seguendone l’evoluzione nel tempo.

E la storia inizia proprio nel momento in cui le evidenze dei dati sperimentali “cozzano” contro le leggi fisiche che fino a quel momento spiegavano il funzionamento di tutte le cose.

All’inizio del ventesimo secolo, cioè nei primi anni del ‘900, la fisica era considerata una scienza “matura” e “maggiorenne” e tuttavia, proprio in quel periodo i fisici si trovarono un po’ nei guai: i dati sperimentali relativi ad alcuni fenomeni non potevano essere spiegati dalle leggi fisiche note. C’era qualcosa che non andava!

I fenomeni che la fisica classica non riusciva a spiegare, e che condussero alla nascita della fisica quantistica, sono essenzialmente quattro:

  • la radiazione del corpo nero e la catastrofe utlravioletta;
  • la luce: l’effetto fotoelettrico;
  • gli spettri di emissione degli atomi;
  • l’effetto Compton.

In questo articolo ci occuperemo del primo di questi fenomeni: il corpo nero e la catastrofe ultravioletta. Gli altri tre fenomeni saranno oggetto di successivi articoli.

Ma andiamo con ordine! Che cosa diavolo è un “corpo nero”?

Comincia l’avventura della fisica quantistica

Un mistero irrisolto

Un mistero irrisolto

Prima ancora di parlare del corpo nero e della catastrofe ultravioletta, “luogo di nascita” della fisica quantistica, esploriamo insieme alcuni concetti fondamentali che ci aiuteranno a comprendere al meglio ciò di cui stiamo parlando.

All’inizio del 1900, uno dei problemi irrisolti dalla fisica classica (e all’epoca esisteva solo quella), aveva a che fare con l’energia termica; i fisici non riuscivano ancora a spiegarsi la relazione tra luce e calore, o meglio, la relazione tra il colore della luce emessa da un corpo e la sua temperatura.

Per farla breve, i fisici non riuscivano a capire il comportamento dei corpi riscaldati. Come mai cambiavano colore e come mai aumentava l’energia emanata?

In buona sostanza, i fisici avevano bisogno di una teoria che potesse spiegare il cambiamento di colore e l’aumento dell’energia emanata che si verifica nei corpi che vengono riscaldati, all’aumentare della temperatura.

Oggi sappiamo che ogni corpo, quando viene riscaldato, emette radiazioni elettromagnetiche. Questo è il motivo per il quale, quando arroventi un metallo, questo inizialmente assume un colore rosso per poi, all’aumentare della temperatura, diventare giallo e successivamente bianco.

Sappiamo anche che, sia il calore che la luce sono radiazioni elettromagnetiche che si differenziano solo per il valore della loro lunghezza d’onda.

Vediamo insieme alcune informazioni di base che ci aiuteranno a capire il tutto al meglio.

Il colore degli oggetti

In primo luogo, tieni presente che il colore degli oggetti dipende fondamentalmente da due fattori:

  • le caratteristiche dell’oggetto stesso;
  • le caratteristiche delle radiazioni che illuminano l’oggetto, che in parte vengono assorbite e in parte vengono riflesse.

Le onde elettromagnetiche

Un’altra cosa da tenere presente è che la luce è costituita da onde elettromagnetiche e le onde elettromagnetiche sono caratterizzate da alcune grandezze:

  • la lunghezza (λ), e cioè la distanza tra i punti corrispondenti di due onde successive;
  • l’ampiezza (A), e cioè la distanza tra il valore massimo dell’onda e il suo punto di equilibrio. L’ampiezza misura l’intensità dell’onda;
  • la frequenza (ν), e cioè il numero di oscillazioni che un’onda compie in un secondo. Per poter determinare la frequenza basterebbe contare il numero di creste che l’onda produce in un secondo. Per esempio, se tu buttassi un sasso in uno specchio d’acqua e questo generasse 6 onde in un secondo, la frequenza sarebbe di 6Hz.;
  • il periodo, che corrisponde al lasso di tempo necessario affinché una cresta si trovi nell’esatta posizione di quella che la precedeva. Potremmo dire che il periodo è l’intervallo di tempo della lunghezza d’onda.

Ovviamente, frequenza e lunghezza d’onda sono inversamente proporzionali e cioè, più lunga è la lunghezza d’onda, più bassa è la frequenza, mentre piò corta è la lunghezza d’onda e più alta è la frequenza.

Larghezza e frequnenza onda

Lo spettro elettromagnetico

L’insieme di tutte le possibili frequenze delle radiazioni elettromagnetiche, viene definito spettro elettromagnetico. A ogni lunghezza d’onda corrisponde un certo colore.

Pensa che lo spettro elettromagnetico, nella sua estensione, comprende radiazioni che vanno da lunghezze d’onda superiori al chilometro a radiazioni con lunghezze d’onda inferiori a un miliardesimo di millimetro!

La luce

La parte centrale dello spettro elettromagnetico rappresenta le frequenze visibili, la luce.

Questa comprende le radiazioni percepibili dall’occhio umano e rappresenta una piccola parte dell’intero spettro.

Si tratta di lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 700 nm, dove “nm” sta per “nanometro”, che è un miliardesimo di metro, o se preferisci, milionesimi di millimetro.

Il calore

Il calore è sempre una radiazione elettromagnetica emessa da un corpo quando questo viene portato a una determinata temperatura.

Osservando lo spettro elettromagnetico nell’immagine qui sotto riportata, puoi notare che le frequenze che, guardando l’immagine , vedi alla tua sinistra dello spettro visibile, sono frequenze che presentano una lunghezza d’onda maggiore e di conseguenza una frequenza più bassa. Per esempio, sopra i 720 nanometri, abbiamo l’infrarosso.

Viceversa, man mano che, guardando l’immagine, ti sposti verso la destra dello spettro visibile, le onde presentano una lunghezza minore e, di conseguenza, una maggiore frequenza. Per esempio, sotto i 380 nanometri, abbiamo l’ultravioletto.

Il forno a microonde, alcuni tipi di stufe, ma anche la lampadina elettrica, producono calore producendo onde elettromagnetiche nello spettro delle lunghezze d’onda infrarosse.

Spettro elettromagnetico

Il corpo nero

Il corpo nero

La “storia” del  corpo nero

Per chiarire un concetto, spesso ha senso fare riferimento alla sua storia; dove nasce e perché.

Perciò, per cominciare a parlare del “corpo nero”, farò riferimento alla sua storia riportando un breve passaggio del bellissimo libro “Il mondo secondo la fisica quantistica” di Fabio Fracas.

Quell’anno (1859), un altro fisico tedesco, Gustav Robert Kirchhoff, decise di indagare la correlazione tra temperatura e calore teorizzando un dispositivo in grado di assorbire tutto il calore a cui veniva sottoposto e di emettere, successivamente, un unico fascio di luce colorata.

 

Concretamente, questo dispositivo ideale poteva essere un semplice recipiente sferico cavo dotato di un minuscolo foro praticato in una parete.

 

Per Kirchhoff era la chiave utile a ricavare una formula che potesse predire la quantità di energia irradiata dal corpo, o meglio, la distribuzione spettrale dell’energia associata a ciascuna lunghezza d’onda, per qualsiasi temperatura […]

 

Lo strumento pensato dall’intraprendente fisico teorico era sia un assorbitore sia un emettitore ideale di radiazione; per questo motivo Kirtchoff stesso gli diede il nome di Corpo Nero.

 

Un assorbitore perfetto, infatti, non riflette alcun tipo di radiazione luminosa e appare completamente nero a qualunque osservatore.

 

L’emissione avveniva attraverso un forellino applicato sulla parete. Grazie a quel foro, la radiazione presente all’interno del corpo nero poteva fuoriuscire liberamente, mostrando un campione di tutte le lunghezze d’onda presenti all’interno del contenitore.

Il corpo nero

Riassumendo quanto sopra, in fisica, il corpo nero è un oggetto “ideale”, che non esiste in natura, capace di assorbire tutte le radiazioni elettromagnetiche che lo colpiscono (radiazione incidente), indipendentemente dalla loro lunghezza d’onda.

Praticamente, questo significa che nessuna radiazione passa attraverso un corpo nero e nessuna radiazione è riflessa da un corpo nero.

Come mai il corpo nero non riflette la radiazione? Pensa al corpo nero come a una cavità con un piccolo foro che lasci entrare e uscire le radiazioni.

Quando la radiazione è in equilibrio termico con le pareti della cavità, queste emettono tanta radiazione quanta ne assorbono. La radiazione che attraversa il foro, entrando nella cavità, viene assorbita dalla superficie interna. Riflettendosi innumerevoli volte all’interno della cavità stessa, viene completamente riassorbita prima di poter fuoriuscire.

Nonostante ciò, un corpo nero è comunque capace di emettere uno spettro di radiazioni. Questo però dipende solo dalla temperatura del corpo nero e non dalla sua forma, né dal materiale di cui è costituito.

In questo modo, sottoponendo il corpo nero a temperature diverse è possibile studiare tutte le frequenze dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche in uscita.

Secondo la fisica classica

Secondo

la fisica classica

Tuttavia, secondo le leggi della fisica classica, ogni corpo con temperatura superiore allo zero assoluto, che è pari a – 273 gradi centigradi, emette, sotto forma di radiazione, un’infinita quantità di energia.

Quindi, un corpo nero in equilibrio termico dovrebbe irradiare onde elettromagnetiche in tutta la gamma delle frequenze. Dovrebbe inoltre emettere più energia al diminuire della lunghezza d’onda e al conseguente aumento della frequenza.

Perciò, in teoria, più aumenta la frequenza d’onda, maggiore è l’intensità della radiazione emessa dal corpo nero.

Inoltre, sempre secondo la fisica classica, l’intensità della radiazione di un corpo nero dovrebbe crescere all’infinito all’aumentare della frequenza, come nel caso dei raggi ultravioletti.

La catastrofe ultravioletta

La catastrofe

ultravioletta

Questo paradosso è conosciuto come catastrofe ultravioletta.

Se questo fosse vero, anche un semplicissimo forno domestico, se scaldato senza soluzione di continuità, dovrebbe essere in grado di emettere raggi ultravioletti, raggi X e gamma.

Tuttavia, questo non è ciò che accade; secondo le leggi e le equazioni della fisica classica questo è vero a livello teorico, ma non lo è nella nostra esperienza quotidiana, e soprattutto non lo è a livello sperimentale.

Infatti, l’intensità della radiazione emessa dal corpo nero, misurata sperimentalmente, diminuisce sia per le alte che per le basse frequenze

La catastrofe ultravioletta da Wikipedia

La catastrofe ultravioletta, chiamata anche catastrofe di Rayleigh-Jeans, è la predizione della fisica d’inizio XX secolo, evidentemente falsa, secondo la quale un corpo nero ideale in equilibrio termico con l’ambiente avrebbe dovuto emettere radiazione elettromagnetica con potenza infinita, come risultava dall’applicazione delle equazioni di Maxwell.

Essa costituì una delle prime indicazioni dei limiti intrinseci della fisica classica. La soluzione a questo problema attraverso la legge di Planck portò allo sviluppo della meccanica quantistica.

La soluzione di Max Planck

La soluzione di Planck

Una soluzione

che cambia

le regole del gioco

La soluzione al paradosso della catastrofe ultravioletta arrivò da un fisico teorico di nome Max Planck.

Lo stesso Max Planck, professore all’Università di Berlino, fu il primo a rimanere perplesso dalle sue conclusioni, in quanto scuotevano le fondamenta della fisica classica.

Tanto è vero che disse: «Si prova d’istinto un po’ di ripugnanza a rovinare le fondamenta delle teorie sui fenomeni elettrici e magnetici, che pure hanno trovato tante conferme sperimentali!»

Infatti, secondo la fisica classica, la radiazione elettromagnetica è fatta di onde distribuite con continuità nello spazio.

Invece, Planck affermò che la radiazione è costituita da unità elementari discrete di energia; i quanti.

L’idea dei quanti di energia era inimmaginabile per la fisica classica, una sorta di eresia!

Tuttavia, venne successivamente ripresa da Albert Einstein e da Niels Bohr per spiegare i problemi fino allora irrisolti in fisica classica.

Adottando l’idea dei quanti, Planck teorizzò una formula che per la prima volta riusciva a spiegare il corretto andamento della legge del corpo nero su tutto lo spettro di frequenze.

Secondo Planck:

  • la radiazione è costituita da unità discrete di energia (E);
  • questa è proporzionale alla frequenza di radiazione (n);
  • ed è inoltre proporzionale a una costante universale (h), oggi nota come costante di Planck.

La formula di Planck è quindi: (E =h ν).

Lo stesso Planck, almeno inizialmente non si rese del tutto conto della portata rivoluzionaria della sua ipotesi, empirica e fondata su di un artificio matematico.

Tuttavia questa gli valse il Nobel per la Fisica nel 1919.

 

Un nuovo paradigma della realtà

Un nuovo paradigma della realtà

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Indice

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Il vecchio paradigma della realtà
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Le implicazioni del vecchio paradigma della realtà
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Verso un nuovo paradigma della realtà
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Siamo sull'orlo di una rivoluzione
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Come faccio a sapere se tutto questo è vero?
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Nuove opportunità per tutti noi

La scienza offre oggi  “un nuovo paradigma della realtà” che comporta una visione completamente diversa del mondo e degli stessi esseri umani.

Questo nuovo paradigma ha delle implicazioni sorprendenti e dispiega di fronte ai nostri occhi nuovi scenari che hanno a che fare con qualcosa di fondamentale: il nostro “posto” o il nostro ruolo nel mondo.

Abbiamo sempre creduto di vivere in un mondo che esiste nostro malgrado.

Ma, stando alle più recenti scoperte della scienza, e in modo più particolare, alle più recenti evoluzioni della fisica quantistica, tutti noi e ognuno di noi è molto di più di un semplice spettatore passivo che cammina in un mondo ostile nel quale deve sopravvivere.

Le scoperte della fisica quantistica sembrano cambiare, o meglio ancora, stravolgere, le regole del gioco; ci pongono infatti, rispetto al passato, in una posizione diversa nei confronti di noi stessi, del mondo che abitiamo e della vita che viviamo.

Come nelle fiabe di quando eravamo bambini… il brutto anatroccolo, a un certo punto della sua vita, “apre gli occhi” e si rende finalmente conto di essere un maestoso e bellissimo cigno.

Allo stesso modo, le neppur così nuove scoperte della fisica e le loro implicazioni e conseguenze, potrebbero offrire nuove e inaspettate possibilità, cambiando per sempre la visione che abbiamo di noi stessi e dell’intero creato.

Di questo nuovo paradigma della realtà ci parla Lynne McTaggart, giornalista scientifica di fama internazionale, nel suo bellissimo libro “Il Campo del Punto Zero – Alla scoperta della  forza segreta dell’universo”.

Ti parlerò di questa nuova visione della realtà anche e soprattutto attraverso le parole che la McTaggart scrive nel prologo del suddetto libro, perché sono certa che non potrei trovarne di migliori.

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio della storia.

Il vecchio paradigma della realtà

Il vecchio paradigma della realtà

Un visione
“meccanicistica”
del mondo

La fisica classica e, conseguentemente, la nostra visione del mondo e di come funziona, è fondata sui principi formulati da Isaac Newton, vissuto tra il 1642 e il 1726.

Principi che, intendiamoci, funzionano perfettamente. Almeno per quanto riguarda la meccanica dei “corpi grandi” e di quanto possiamo osservare nella vita di tutti i giorni.

Ma nel frattempo la scienza è andata avanti e i fisici si sono resi conto che esistono dei fenomeni che non possono essere spiegati dalla fisica Newtoniana.

E allora si sono applicati nel cercare di capire come mai.

A tal proposito Lynne McTaggart, scrive:

Newton

Fino a oggi la biologia e la fisica sono state ancelle di prospettive adottate da Isaac Newton, il padre della fisica moderna. Tutto ciò in cui crediamo riguardo al nostro mondo e al nostro ruolo in esso, ha origine da idee che vennero sì formulate nel diciassettesimo secolo, ma che ancora costituiscono la spina dorsale della scienza moderna.

Queste sono teorie che rappresentano tutti gli elementi dell’universo come isolati l’uno dall’altro, divisibili e completamente autonomi. Queste teorie, allo loro essenza, hanno creato una visione mondiale di separazione.

Newton rappresentò un universo materiale  nel quale singole particelle di materia obbediscono a determinate leggi che descrivono il moto attraverso lo spazio e il tempo; l’universo come una macchina.

Cartesio

Prima che Newton formulasse le sue leggi del moto, il filosofo francese René Descartes ideò un concetto, alla sua epoca rivoluzionario, per il quale noi, rappresentati dalle nostre menti, siamo separati dai nostri corpi di materia inerte e senza vita, i quali sono soltanto un altro particolare tipo di veicolo ben rodato.

Secondo questa visione il mondo è composto da un mucchio di piccoli oggetti discreti che si comportano in maniera prevedibile.

Il più separato tra tutti questi oggetti è l’essere umano. Noi sediamo al di fuori di questo universo e guardiamo al suo interno.

Anche i nostri corpi in qualche modo sono separati e sono qualcosa di diverso dalla nostra vera essenza: le menti consapevoli che osservano.

 Darwin

La nostra immagine di noi stessi è diventata ancora più tetra con il lavoro di Charles Darwin.

La sua teoria dell’evoluzione, che ora è stata leggermente ritoccata dai neo-darwinisti, considera la vita come casuale, predatrice, senza scopo e solitaria: se non sei il migliore non sopravvivi. Non sei niente di più di un caso prodotto dall’evoluzione.

La vasta scacchiera dell’eredità biologica dei tuoi antenati si semplifica a un unico aspetto centrale: la sopravvivenza. Mangia o vieni mangiato. L’essenza della tua umanità è un terrorismo genetico, che si sbarazza in maniera efficiente di qualsiasi anello più debole.

La vita non riguarda la connessione e l’interdipendenza. La vita concerne il vincere, l’arrivare prima. E se ce la fai veramente a sopravvivere, allora sei da solo all’apice dell’albero evolutivo.

Le implicazioni del vecchio paradigma della realtà

Le implicazioni del vecchio paradigma

Impotenti e soli

in un mondo meccanico

Ma che cosa comporta questa visione “meccanica” o “meccanicistica” delle cose?

Le conseguenze, anche dal punto di vista psicologico, potrebbero essere più importanti di quanto non verrebbe da pensare.

Lynne McTaggart ce ne parla con le seguenti parole:

L’universo Newtoniano

L’universo Newtoniano può si rispettare delle leggi stabilite, ma è fondamentalmente un luogo solitario e desolato. L’universo continua, come un vasto meccanismo, a prescindere dalla nostra presenza.

Con poche e abili mosse Newton e Descartes hanno strappato Dio e la vita dal mondo della materia, e noi e la nostra consapevolezza dal centro del nostro mondo. Hanno tirato via il cuore e l’anima dall’universo, lasciando sulla sua scia solo una collezione di parti interagenti senza vita.

E la cosa più rilevante di tutte, come osserva Danah Zohar in “The quantum self” (Il sé quantistico), è che “la visione di Newton ci separa completamente dalla struttura dell’universo.

L’universo come una macchina

Questi paradigmi, l’universo come una macchina e l’uomo come una macchina da sopravvivenza, hanno portato a una padronanza tecnologica dell’universo, ma a poca reale conoscenza che abbia una qualsiasi importanza centrale per noi.

A livello spirituale e metafisico hanno portato al più brutale e disperato senso di isolamento.

Inoltre non ci hanno avvicinato per niente alla comprensione dei misteri più fondamentali della nostra stessa esistenza: come pensiamo, come inizia la vita, perché ci ammaliamo, come una singola cellula diventa una persona completamente formata, e anche cosa accade alla consapevolezza quando moriamo.

Verso un nuovo paradigma della realtà

Verso un nuovo paradigma della realtà

Una sfida alle leggi
basilari della biologia 
e della fisica

Tutto iniziò quando i fisici si resero conto che esistevano dei fenomeni che non era possibile spiegare attraverso le leggi conosciute della fisica:

  • la materia non è fatta precisamente di materia così come la conosciamo. Lynne McTaggart, nel suo libro “il legame quantico”, scrive: “Quando i fisici delle particelle arrivano allo strato di base della materia, in realtà non trovano niente. Le particelle subatomiche, che costituiscono tutta la materia, come gli elettroni, di per sé non sono una vera e propria “cosa”; esistono sia come particella (materia) che come energia, o meglio, funzione d’onda”;
  • queste particelle, inoltre, si comportano in modo strano; un elettrone si comporta come onda fintanto che non viene misurato, ma nel momento in cui viene osservato, si trasforma in particella. Questo significa che la consapevolezza dell’osservatore, la consapevolezza umana, interagisce con la struttura più profonda della materia e della “realtà”; 
  • i fisici sono da sempre a caccia della “cosa”; la particella più piccola che crea tutte le altre cose. Non riescono a trovarla! Ogni tanto pensano di averla trovata, per poi trovarne altre ancora più piccole. Nel 1969 scoprirono il quark, ma nei decenni successivi ne scoprirono altre ancora più piccole: muoni, tauoni, positroni, gravitoni…
  • perciò, sembra che nulla esista “indipendentemente”. È controintuitivo, ma sembra che, per quanto riguarda ogni cosa più piccola di un atomo, non si riesca a capire se esista di per sé o come un composto di elementi.

La naturale conseguenza di quest’ultima idea

L’idea che nulla esiste indipendentemente, è uno dei concetti fondamentali che ha portato molti scienziati alla conclusione che tutti noi siamo profondamente connessi e che l’inclinazione naturale come esseri umani sia quella della connessione e della reciproca collaborazione. Di queste idee abbiamo parlato in un articolo precedente che si chiama, appunto, “Siamo tutti connessi)“.

Le parole della McTaggart

La materia

Dalle nuove frontiere della scienza stanno emergendo nuove idee, che sfidano tutto ciò che crediamo a proposito di come funziona il nostro mondo, e di come definiamo noi stessi […]

Quando i pionieri della fisica quantistica hanno scrutato proprio nel nucleo della materia, sono rimasti sbalorditi da quello che hanno visto.

I più minuscoli pezzettini di materia non sono neanche materia, come noi la conosciamo, e neanche un insieme di qualcosa, ma a volte una cosa, altre volte qualcosa di molto diverso.

E cosa ancor più strana, sono spesso molte cose possibili tutte nello stesso istante […]

La materia e la consapevolezza

I pionieri quantistici avevano scoperto che il nostro coinvolgimento con la materia è cruciale.

Le particelle subatomiche esistono in tutti gli stati possibili finché non vengono disturbate da noi, con l’osservazione o la misurazione, e a quel punto finalmente si placano in qualcosa di concreto […]

Il “Campo del Punto Zero”

Alcuni (scienziati) hanno ripensato di nuovo alle poche equazioni che sono state sempre sottratte nelle fisica quantistica.

Queste equazioni rappresentano il “Campo del Punto Zero”, un oceano di vibrazioni microscopiche presenti nello spazio esistente tra le cose.

(Gli scienziati) hanno capito che se il Campo del Punto Zero viene incluso nella nostra concezione più fondamentale della materia, allora il vero sostegno del nostro universo è un mare di energia pulsante, un vasto campo quantistico.

Se ciò fosse vero, tutto sarebbe connesso a qualsiasi altra cosa attraverso una ragnatela invisibile […]

Siamo fatti tutti della stessa materia

Hanno anche scoperto che siamo tutti fatti della stessa sostanza essenziale.

Al livello più fondamentale, gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani, sono pacchetti di energia quantistica che scambiano costantemente informazioni  con questo mare inesauribile di energia.

Le cose viventi emettono una debole radiazione, e questo è l’aspetto cruciale dei processi biologici.

L’informazione riguardante tutti gli aspetti della vita, dalla comunicazione cellulare alla vasta rete di controlli del DNA, viene comunicata attraverso uno scambio a livello quantistico.

Perfino le nostre menti, quelle altre cose apparentemente così al di fuori delle leggi della natura, operano in accordo a processi quantistici.

Pensare, sentire, ogni funzione cognitiva superiore, ha a che fare con l’informazione quantistica pulsante simultaneamente attraverso i nostri cervelli e i nostri corpi.

La percezione umana accade grazie all’interazione tra le particelle subatomiche dei nostri cervelli e del mare di energia quantistica. Risuoniamo, letteralmente, con il nostro mondo.

Siamo sull’orlo di una rivoluzione

Siamo sull'orlo di una rivoluzione

Il nostro

nuovo posto

nel mondo

 

Ma, per quanto ci riguarda, quali sono le implicazioni pratiche di questo nuovo paradigma della realtà?

Ti faccio solo un piccolo esempio, riportando un brano, che contiene delle domande interessanti, che l’ormai ben nota Lynne McTaggart pone in un altro bellissimo libro che, naturalmente, ti suggerisco di leggere e che si chiama: “La scienza dell’intenzione”.

Se la materia era mutevole, e la coscienza faceva della materia qualcosa di fisso, sembrava verosimile che la coscienza fosse anche in grado di sospingere le cose in una determinata direzione.

 

La loro indagine si riduceva a una semplice domanda: se l’atto dell’attenzione influenzava la materia fisica, qual era l’effetto dell’intenzione, ovvero del deliberato tentativo di produrre un cambiamento?

 

Nel nostro partecipare al mondo quantico in qualità di osservatori, potremmo essere non soltanto creatori, ma anche influenzatori?

Leggendo questo passaggio probabilmente ti è venuto in mente un qualcosa noto come “la legge dell’attrazione”. Dico questo solo per rendere ovvie quelle che potrebbero essere le implicazioni pratiche di quanto stiamo dicendo.

Per concludere, ti lascio per l’ennesima volta con le parole a Lynne McTaggart, tratte sempre dal prologo del libro “Il Campo del Punto Zero – Alla scoperta della forza segreta dell’universo”, sulle implicazioni generali del nostro nuovo paradigma della realtà.

Le implicazioni del nuovo paradigma

«Siamo sull’orlo di una rivoluzione. Una rivoluzione profonda e audace come la scoperta della relatività di Einstein […]

A differenza della visione del mondo di Newton o di Darwin, la loro è una visione che esalta la vita. Queste sono idee che possono conferirci potere, con le loro implicazioni di ordine e controllo.

Non siamo semplicemente un caso fortuito della natura; c’è uno scopo e un’unità nel nostro universo e nel nostro posto nel mondo, e abbiamo una voce importante in esso. Ciò che facciamo e pensiamo ha importanza e, in verità, è fondamentale nel creare il nostro mondo.

Gli esseri umani non sono più separati gli uni dagli altri. Non esiste più un “noi” e un “loro”. Non siamo più alla periferia del nostro universo, guardando dentro dal di fuori. Possiamo occupare il nostro posto di diritto, di nuovo al centro del nostro mondo.

Come faccio a sapere se tutto questo è vero?

Ma davvero?

Ma davvero?

Molti dei quesiti aperti dalle rivelazioni della fisica quantistica sono stati lasciati irrisolti dai fisici quantistici di prima generazione, ma con il progredire del tempo, altri scienziati e ricercatori si sono ostinati a voler trovare delle risposte, e gli argomenti di cui sopra sono parte delle conclusioni a cui sono arrivati.

Ormai mi stanco persino a scriverlo, ma a questo proposito riporto di nuovo alcuni brani tratti dal libro della McTaggart.

La “vecchia guardia”

I pionieri della fisica quantistica, Erwin Schrodinger, Werner Heisemberg, Niels Bohr e Wolfang Pauli, avevano una vaga idea del territorio metafisico nel quale erano sconfinati […]

Tutti gli elementi disgiunti della fisica quantistica non si sono mai fusi in una teoria coerente, e la fisica quantistica si è ridotta a uno strumento tecnologico, estremamente valido e vitale per costruire le bombe e gli apparecchi elettronici moderni.

La “nuova guardia”

Un piccolo gruppo di scienziati sparsi per il globo, non soddisfatto dell’utilizzo meccanico della fisica quantistica, ha richiesto una soluzione migliore a molte delle numerose domande che rimanevano senza risposta.

Queste idee sono state un vero e proprio alto tradimento. In molti casi questi scienziati hanno dovuto combattere con un’azione di retroguardia contro un sistema trincerato e ostile.

Gli scienziati, tutti provenienti da istituzioni credibili e di prima grandezza, l’Università di Princeton, l’Università di Stanford, e alcuni istituti di prim’ordine in Germania e in Francia, hanno prodotto una sperimentazione impeccabile […]

Queste nuove idee non si adattano alla vecchia visione del mondo, quindi devono, secondo la vecchia guardia, essere sbagliate.

Ma ormai è troppo tardi. La rivoluzione è inarrestabile. Gli scienziati che sono stati evidenziati in questo libro, sono semplicemente pochi dei pionieri, una piccola rappresentanza di un movimento più grande.

Molti altri sono immediatamente dietro di loro, e stanno sfidando, sperimentando, modificando le loro visioni, impegnati in un lavoro in cui tutti i veri esploratori s’impegnano.

La “scienza ortodossa”

Piuttosto che licenziare queste informazioni in quanto non si adattano alla visione scientifica dell’universo, la scienza ortodossa dovrà iniziare ad adattare la sua visione del mondo per aggiornarsi.

È arrivato il momento di rimettere Newton e Descartes al loro posto, come profeti di una visione storica che è ormai sorpassata.

Nuove opportunità per tutti noi

Una piccola goccia di divinità

Una piccola
goccia di divinità
in onguno di noi

A volte le cose semplici sono le più efficaci.

Quello che ti suggerisco di fare è di diventare tu stesso “lo scienziato” e di sperimentare direttamente nella pratica della tua vita e della tua quotidianità.

Come? Beh, se è vero che il pensiero è capace di creare la realtà, potremmo sperimentare coltivando pensieri e stati interni che ci dirigano verso dove vogliamo andare.

Perché ti parlo di pensieri e stati d’animo? Perché la cosiddetta “legge dell’attrazione” sembra funzionare quando il pensiero e lo stato d’animo o l’emozione sono allineati.

Quando invece penso una cosa razionalmente, con la mia mente conscia, ma poi mi sento in modo diverso o magari opposto, invio informazioni discordanti che non producono l’effetto desiderato.

Comunque sia, persone autorevoli spiegano esattamente come fare e in un  prossimo articolo riassumerò le loro idee e i loro suggerimenti, così che tu possa avere tutti gli strumenti per sperimentare.

A questo proposito ti suggerisco comunque di leggere “Cambia l’abitudine di essere te stesso” del Dr. Joe Dispenza.

Se quanto dicono è vero, e personalmente mi sembra sensato pensare che lo sia, allora si dispiegano davanti ai nostri occhi possibilità e opportunità una volta inimmaginabili.

L’impegno di mettersi in gico e di sperimentare potrebbe equivalere alla ricerca di quella piccola goccia di divinità che sembra essere in ognuno di noi.

Le fondamenta dell’autostima e del benessere

Le fondamenta dell’autostima e del benessere

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Indice

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I Livelli Logici
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L'Ambiente
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Il Comportamento
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Le Capacità
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Le Convinzioni e i Valori
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L'Identità
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Lo Spirito

Le condizioni per poter star bene con sé stessi sono diverse e numerose, ma alcune di queste condizioni rappresentano le vere e proprie fondamenta dell’autostima e del benessere personale.

Negli articoli precedenti abbiamo parlato di alcune condizioni per il benessere, come l’evitare di farsi seghe mentali, il saper creare silenzio intorno a sé, il “viaggiare leggeri“, il fare attività fisica, e infine il saper realizzare la propria libertà personale.

Tuttavia, le condizioni delle quali parliamo oggi, sono quelle condizioni sulle quale costruisci l’edificio della tua autorealizzazione, appagamento e soddisfazione, e quando non sono pienamente realizzate è un po’ come costruire sulle sabbie mobili; prima o poi, l’edificio crolla.

Queste condizioni hanno a che fare con l’allineamento personale, con la congruenza e la coerenza, con il “camminare su ciò che dici”.

Per potermi spiegare al meglio, devo fare riferimento a un modello della Programmazione Neuro-Linguistica, noto come “Livelli Logici”

I Livelli Logici

I Livelli Logici

Il modello dei Livelli Logici venne messo a punto da Robert Dilts, sulla base di lavori precedenti di Bertrand Russell e di Gregory Bateson.

I Livelli Logici sono i diversi livelli ai quali avvengono i cambiamenti e gli apprendimenti che ci consentono di evolvere e migliorare.

Ma, quando le cose non funzionano come dovrebbero funzionare, sono anche i livelli ai quali si generano i blocchi e gli impedimenti che ci impediscono, appunto, di evolvere e di migliorare.

Come tutti noi ben sappiamo, alcuni processi o fenomeni dipendono dalla relazione con altri processi e fenomeni. Per esempio, la velocità è la relazione tra la distanza e il tempo.

Allo stesso modo, ciò che avviene a ognuno dei Livelli Logici è condizionato e dipende da ciò che avviene ai livelli superiori.

Possiamo perciò dire che i Livelli Logici sono organizzati tra di loro in modo gerarchico:

  • i cambiamenti che avvengono ai livelli superiori influenzano ciò che avviene a tutti i livelli inferiori;
  • i cambiamenti che avvengono ai livelli inferiori non influenzano necessariamente ciò che avviene ai livelli superiori.

Andiamo ora a vedere quali sono questi livelli.

Il Modello

SPIRITOPer chi?Visione e Scopo
IDENTITÀChi?Missione e Ruolo
CONVINZIONI
E VALORI
Perché?Permessi e Motivazioni
CAPACITÀCome?Strategie e Stati
COMPORTAMENTOCosa?Azioni e Reazioni
AMBIENTEDove e quando?Impedimenti e Opportunità

La funzione dei Livelli Logici

Il modello dei Livelli Logici ha diverse funzioni e può essere utilizzato in molteplici modi.

L’allineamento

L’allineamento è proprio il tema centrale di questo articolo.

Si tratta di un’idea molto semplice: qualsiasi sistema, da un’azienda a una persona fisica, per poter vivere una condizione di benessere ed essere efficace ed efficiente, deve essere congruente e allineato.

Per esempio, i comportamenti di una persona dovrebbero essere allineati ai suoi valori, alle sue convinzioni, alla sua mission e alla sua vision.

Oppure, quando ti poni un obiettivo, i comportamenti che poni in essere dovrebbero essere adeguati al suo raggiungimento e dovresti avere le capacità necessarie per poterlo conseguire.

Insomma, per farla breve, tutti i Livelli Logici dovrebbero essere allineati fra di loro, e questo allineamento, come dicevamo, rappresenta le fondamenta dell’autostima e del benessere personale.

Infatti, alcuni dei problemi più frequenti tra le persone, come per esempio la mancanza di autostima, nasce proprio dalla mancanza di allineamento.

Ti faccio un esempio un po’ “scolastico”, ma esplicativo.

Immagina una persona che abbia tra i suoi valori fondamentali “un buon livello di energia psicofisica” o “l’essere in una buona forma fisica”.

Tuttavia, come fin troppo spesso accade, i comportamenti di questa persona non rispecchiano i suoi valori.

Infatti, la persona in questione mangia qualsiasi cosa, è decisamente sovrappeso, fuma due pacchetti di sigarette al giorno, dorme poco, perché va in discoteca tutte le sere e beve alcolici esageratamente.

Come sarà la sua autostima? Quanto si sentirà bene con sé stessa?

Uno strumento diagnostico

Nonostante l’allineamento sia, come dicevamo, l’argomento principale di questo articolo, per completezza voglio parlarti di alcune delle altre funzioni fondamentali dei Livelli Logici.

Oltre ad essere uno strumento che ci consente di verificare facilmente e velocemente il nostro allineamento personale, potremmo dire che i Livelli Logici sono anche uno “strumento diagnostico”.

Infatti, quando una persona non raggiunge un obiettivo desiderato o non riesce a operare un cambiamento voluto, il modello dei Livelli Logici è una guida che aiuta a comprendere a quale livello si sia verificato il problema o il blocco.

Per esempio, potrebbe esserci un problema al livello delle convinzioni. La persona potrebbe credere che il risultato desiderato sia impossibile o troppo difficile da raggiungere.

Oppure potrebbe credere che sia oggettivamente raggiungibile ma che non lo sia per lei. In questo caso avremmo un problema a livello di identità (le convinzioni relative alla propria identità).

Ma magari il problema potrebbe porsi al livello delle capacità o dell’ambiente.

Uno strumento “d’intervento”

La naturale conseguenza del fatto che i Livelli Logici siano uno “strumento diagnostico”, è che ci consentono anche di comprendere come intervenire per aiutare sé stessi o altri a ottenere il risultato desiderato.

I Livelli Logici sono quindi anche una guida che consente di comprendere che tipo di intervento fare per aiutare qualcuno a ottenere ciò che vuole.

Nel caso di un problema a livello di convinzioni, bisogna aggiornare le convinzioni.

Quando invece il problema si presenta a livello di capacità, bisogna  intervenire in modo diverso, aiutando la persona ad acquisire le capacità mancanti.

Parlando di leadership, i Livelli Logici aiutano il leader a comprendere che stile di leadership adottare in funzione del livello logico al quale vuole operare un cambiamento. Ma questo è un argomento che richiede spiegazioni più approfondite e che sarà magari oggetto di un prossimo articolo.

Andiamo ora ad analizzare il Livelli Logici uno per uno così da poter comprenderli appieno.

L'ambiente

L’Ambiente

Per “ambiente” s’intende l’ambiente all’interno del quale agiamo e tutto ciò che ci circonda:

  • in primis, l’ambiente fisico nel quale viviamo e lavoriamo, come la nostra casa, il nostro ufficio, la città o il luogo dove viviamo;
  • l’ambiente socio-economico e culturale nel quale operiamo;
  • le persone che ci circondano e con le quali ci relazioniamo.

Com’é ben noto, qualsiasi ambiente presenta sia impedimenti che opportunità.

Per esempio, lo svolgimento di alcuni tipi di attività potrebbe essere difficoltoso nel frastuono di un open space.

Le domande da porsi

Il livello dell’ambiente risponde quindi alle domande “dove?” e “quando?”:

  • «Dove e quando vuoi raggiungere quel obiettivo?»
  • «Dove e quando vuoi operare quel cambiamento?»

Per esempio, se una persona si ponesse un obiettivo, per esplorare il livello dell’ambiente potresti chiedere:

  • «Dove, o in che tipo di ambiente (ambito, contesto) vuoi realizzarlo? Quando vuoi realizzarlo? Con chi vuoi realizzarlo?»
Comportamento

Il Comportamento

Com’è ben noto, il comportamento è ciò che fai, ma anche ciò che non fai. Non esiste infatti un qualcosa che sia un “non comportamento”. Anche il silenzio e la mancanza d’azione rappresentano comunque dei comportamenti.

Il livello del comportamento consiste perciò nelle azioni e nelle reazioni che poni in essere nell’ambiente per raggiungere il tuo obiettivo o per ottenere il cambiamento desiderato.

Persone diverse hanno mappe o visioni diverse e reagiscono diversamente ai medesimi eventi.

Le domande da porsi

A livello del comportamento la domanda fondamentale è «Cosa fai?»:

  • «Cosa fai specificatamente per raggiungere il tuo obiettivo?»
  • «Cosa fai specificatamente per operare il cambiamento desiderato?»
  • «Quali azioni e quali reazioni poni in essere nell’ambiente?»
Capacità

Le Capacità

Il livello delle capacità si riferisce al “Come” fai quello che fai, al “Come” metti in atto i comportamenti, le azioni e le reazioni, nell’ambiente.

Il “Come” ha a che fare con le strategie, le mappe mentali e gli stati emotivi.

Strategie

Per fare un esempio molto pratico, un ragazzino potrebbe prendere un brutto voto a scuola perché non ha posto in essere il comportamento di studiare (comportamento).

Ma potrebbe anche essere che pur avendo studiato abbia preso un brutto voto perché non ha un buon metodo di studio (strategia).

Mappe

Il comportamento non è determinato solo da ciò che avviene nell’ambiente esterno, ma da come le persone reagiscono a ciò che avviene.

E il modo in cui le persone reagiscono a ciò che avviene dipende dalla loro visione del mondo o, come si dice in PNL, dalla loro “mappa”; convinzioni, valori, etc.

Stati emotivi

Anche lo stato emotivo a partire dal quale facciamo azione ha un impatto sul “come” facciamo quello che facciamo.

È ben noto, ed è anche nell’esperienza di tutti noi, che a parità di competenze, lo stato emotivo nel quale siamo influenza enormemente la qualità della prestazione ed del risultato finale.

Le domande

A questo livello, la domanda è quindi «Come?»:

«Come stai operando per raggiungere quel risultato o per creare quel cambiamento desiderato?»

 

Convinzioni e Valori

Le Convinzioni e i Valori

Il livello delle convinzioni e dei valori riguarda, come è ovvio che sia, le convinzioni e i valori.

Le Convinzioni

Le convinzioni sono un senso di certezza verso qualcosa e, a grandi linee, consistono nel credere che qualcosa sia:

  • vero o falso;
  • giusto o sbagliato.

Dalle nostre convinzioni discendono dunque le nostre azioni e la convinzione con le quali le poniamo in essere.

Torniamo all’esempio del bambino che prende un brutto voto a scuola. Se il bambino pensasse di avere problemi cognitivi o di non essere abbastanza intelligente, questa convinzione avrebbe sicuramente un impatto sul suo approccio alla studio e sui suoi risultati scolastici.

In questo caso, a poco o nulla servirebbe, come spesso accade, agire sul livello del comportamento dicendo: «Studia di più!».

A poco servirebbe agire sul livello delle capacità, facendo prendere lezioni private.

Bisognerebbe invece agire sul livello dell’identità, in quanto le suddette convinzioni sono convinzioni proprio sull’identità.

Tieni anche presente che non è la realtà che crea le convinzioni, ma sono le convinzioni che creano la realtà. Tanto è vero che spesso le persone difendono le proprie convinzioni anche contro l’evidenza dei fatti. Ma di questo argomento, che è estremamente importante, parleremo nel prossimo futuro in un articolo dedicato.

I Valori

I Valori rispondono alla domanda «Che cosa è importante per me?» e costituiscono la direzione e la meta desiderata; ciò che è davvero importante per noi.

Non mi dilungo troppo su questo argomento, perché è importante e non avendo qui lo spazio per svilupparlo adeguatamente, preferisco rimandarti all’articolo sui valori, che è già pubblicato.

Permessi e Motivazioni

Al livello delle Convinzioni e dei Valori agiscono”permessi” e “motivazioni”.

Mi spiego con degli esempi pratici.

Per quanto riguarda i “permessi” immagina una persona nel ruolo del “commerciale”.

Immagina che sia una persona preparata e brava nel proprio lavoro, ma è anche un pacifista convinto (valori). Gli chiedono di vendere armi. Quanto sarà efficace nel farlo, sempre ammesso che lo faccia?

Per quanto riguarda la “motivazione“, torniamo per un attimo all’esempio del ragazzino che va male a scuola.

Immagina che a questo ragazzo sia stata diagnosticata la discalculia e che il ragazzo, esasperato, pensi e dica qualcosa come: «Odio la matematica, non sono in condizione di impararla. Non farò mai un lavoro che abbia a che fare con i numeri e per la matematica che mi servirà nella vita mi basterà la calcolatrice dell’IPhone! Perché mai dovrei spaccarmi la testa sulle equazioni di secondo grado?».

È piuttosto evidente che al ragazzino manchi del tutto la motivazione e che questa mancanza di motivazione produrrà un effetto significativo sul suo apprendimento e sui suoi risultati.

Identità

L’Identità

Il livello dell’identità ha sempre a che fare con le convinzioni e più specificatamente con le convinzioni sulla propria identità.

Convinzioni relative a “chi penso di essere”, alle caratteristiche che penso mi definiscano, alle capacità e alla risorse che penso di possedere.

Come abbiamo già avuto modo di notare negli esempi precedenti, queste convinzioni di “altissimo livello” producono un impatto potente sulla nostra capacità di operare cambiamenti, raggiungere risultati e apprendere.

Le Domande

Com’è piuttosto ovvio, a questo livello la domanda è: «Chi sono?».

Per essere ancora più precisi, la domanda è «Chi penso, o chi credo, di essere?»:

  • «Sono la persona giusta per poter operare questo cambiamento?»
  • «Sono la persona giusta per poter raggiungere questo risultato?»
  • «Questo cambiamento, o questo risultato, oltre a essere oggettivamente raggiungibile, lo è per me?»
Spirito

Lo Spirito

L’ultimo livello è quello dello “spirito”, dove per “spirito” non s’intende necessariamente qualcosa di astratto e intangibile, bensì i sistemi più ampi di cui l’individuo fa parte, o ai quali sente di appartenere.

Questi potrebbero essere la famiglia, l’azienda, la squadra di calcio, così come potrebbe essere un’associazione non profit, il campo quantico, la religione o l’umanità intera.

Il livello dello spirito ci porta alla distinzione tra obiettivo e scopo:

  • l’obiettivo risponde alla domanda «Cosa vuoi?»
  • lo scopo risponde alla domanda «Perché lo vuoi?»

Per esempio, una persona potrebbe avere un obiettivo di guadagno, come “guadagnare ‘X’ euro all’anno.

Interrogata sullo scopo, potrebbe dire di volerlo per poter garantire ai propri figli la possibilità di studiare all’estero.

Come puoi ben immaginare, la motivazione più alta risiede nello scopo e non nell’obiettivo, che è solo lo strumento per poter perseguire lo scopo.

Perciò, quest’ultimo livello è la sede della motivazione più alta, qui risiede la vision o lo scopo superiore di un individuo o di un’organizzazione.

Le domande

La domanda da porre al livello dello spirito o quindi «Per chi?» o «Per cosa?»:

  • «Per chi o per cosa vuoi operare questo cambiamento?»
  • «Per chi o per cosa vuoi raggiungere questo obiettivo?»
  • «Per chi o per cosa vuoi acquisire queste abilità?»
La libertà personale

La libertà personale

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Indice

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Le catene dei liberi
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Chi guida l'autobus?
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Saper usare la mente

Tutti noi amiamo la libertà e ognuno di noi anela alla libertà personale.

È altrettanto vero che tutti sanno cos’è, finché non chiedi loro di definirla 🙂 perché allora iniziano i guai.

Parlo per esperienza personale, perché è una domanda che faccio spesso alle persone.

E di solito, quello che ottengo come risposta, come dice il mio amico Gualtiero, è lo sguardo della mucca che vede passare il treno.

Lo sguardo disorientato di qualcuno che cerca una risposta che non ha a disposizione.

Anzi, per essere più precisi, ci sono sicuramente delle persone che hanno chiaro il concetto di libertà personale; quelle che la libertà non ce l’hanno!

Ma, oggi come oggi, per la maggior parte di noi, che viviamo in un mondo apparentemente libero, la libertà personale diventa un concetto un po’ più “fumoso”.

Cosa può voler dire “essere liberi”?

Fare quello che si vuole, indipendentemente da tutto e da tutti? Ingenuo, irrealistico e irresponsabile.

Non dover chiedere o rendere conto a nessuno? Nella vita professionale o nella vita personale? Di nuovo, difficile anche solo da immaginare!

E allora?

In questo articolo ti propongo un’interpretazione del concetto di libertà personale interessante e un po’ diverso.

Concetto che voglio introdurre riportando un brano tratto dal bellissimo libro “PNL è libertà” di Owen Fitzpatrick e Richard Bandler, brano che spiega il concetto di libertà raccontando quali sono le “catene dei liberi”

La fonte delle umane sofferenze

«Era una delle più grandi tragedie di tutti i tempi.

Erano stati imprigionati per un crimine che non avevano commesso.

I loro carcerieri si rifiutavano di far sapere loro di quale crimine fossero accusati e, ciononostante, li tenevano comunque prigionieri.

Certo, i loro bisogni più elementari venivano soddisfatti, ma la loro vita era un vero inferno.

Per la maggior parte del tempo venivano torturati e trattati orribilmente.

Venivano insultati continuamente e accusati di essere dei buoni a nulla.

Ogni cosa li riempiva di paure e di angosce.

Erano vittime di incessanti angherie e venivano dati loro così tanti messaggi contraddittori e conflittuali che divennero insicuri, non sapendo più chi fossero e di cosa fossero capaci […]

Venivano continuamente criticati per ciò che facevano.

I loro carcerieri facevano in modo che stessero molto male ogni volta che commettevano uno sbaglio […]

E dunque, chi erano costoro? E chi erano i loro carcerieri?

“Loro” erano il genere umano, e i carcerieri le loro menti».

Le catene dei liberi

La libertà personale. Le catene dei liberi

Le convinzioni limitanti e i modi negativi di pensare e sentire

Stiamo parlando di quelle che lo stesso Owen chiama “le catene dei liberi”; le convinzioni limitanti e i modi negativi di pensare e di sentire.

Insomma, i più comuni e diffusi prodotti delle nostre menti.

Ma come mai ci facciamo così tanto male da soli? Come mai ci sottoponiamo a così tante inutili sofferenze?

Perché continuiamo a farci le famose “seghe mentali” delle quali abbiamo parlato in un articolo precedente?

A titolo esemplificativo, ecco alcune delle più comuni seghe mentali:

  • sensi di colpa per cose che non possiamo più cambiare, o rispetto alle quali magari non abbiamo responsabilità alcuna;
  • ansia e preoccupazione per situazioni future che magari non si verificheranno mai;
  • paura del giudizio altrui;
  • non sentirsi mai abbastanza;
  • raccontarsi la storia della vittima;
  • piangere sul latte versato;
  • eccetera, eccetera.

La schiavitù delle abitudini

Ma le “catene dei liberi” non sono solo queste, ce n’è una grande varietà, per tutti i gusti.

Per esempio, ti sarà sicuramente capitato di voler abbandonare un’abitudine, come quella di fumare o di mangiare troppo.

Oppure, ci saranno sicuramente stati dei momenti in cui avresti voluto acquisire una nuova abitudine, come quella di correre o di mangiare in modo sano.

È sempre stato facile? Probabilmente no.

A proposito delle abitudini, ti voglio raccontare una storia che mi raccontò anni fa il mio amico Pier Paolo Sanna.

La libertà personale. La storia della famiglia Rossi

La storia della

famiglia Rossi

La famiglia Rossi

La famiglia Rossi era riunita in salotto con alcuni ospiti; mancavano pochi istanti alla mezzanotte ed erano pronti a stappare lo spumante.

Avevano mangiato e bevuto in abbondanza e tutti avevano gli occhi fissi, quasi ipnotizzati, sul fuoco del caminetto che faceva danzare le fiamme con una coreografia composta di una varietà infinita di forme e bagliori.

Quando l’orologio scoccò la mezzanotte, annunciando l’arrivo del nuovo anno, stapparono lo spumante e riempirono i bicchieri, brindarono e si fecero gli auguri scambiandosi baci e abbracci.

La signora Rossi sussurrò al marito, mentre lo baciava, «Il prossimo anno dobbiamo fare in modo di passare più tempo con i nostri figli!».

Suo marito, profondamente commosso, fece un leggero cenno con la testa in segno di approvazione.

Quando gli ospiti andarono via, il signor Rossi si confidò con la moglie e le disse: «Il prossimo anno inizierò a studiare l’inglese e andrò in palestra per riacquistare la forma fisica».

La moglie, a sua volta, gli rivelò i suoi piani per l’anno appena incominciato: riprendere il suo vecchio hobby della pittura.

L’atmosfera in quel momento era molto calda e intima, quasi magica.

Visioni, proponimenti, progetti, ottimismo e nuove sfide si potevano toccare con mano: erano nell’aria.

I signori Rossi avevano deciso di cambiare e di condurre una vita migliore e di essere migliori. Non più sprecare tempo davanti alla TV come spettatori, ma attivi sul campo come protagonisti della propria vita.

I propositi dei signori Rossi per il nuovo anno sono talmente buoni che se li ripetono tutti gli anni.

Ma come mai è così difficile fare delle cose facili?

Come mai è così difficile fare cose che dipendono interamente da noi e che dovrebbero essere semplici, come sentirci bene con noi stessi, smettere di fare quello che vogliamo smettere di fare, e cominciare a fare quello che vogliamo cominciare a fare?

Pensaci, dipende tutto dalla nostra mente, o meglio, da quello che facciamo all’interno della nostra mente, da come pensiamo.

E se il risultato del nostro pensare non è il risultato che desideriamo, allora significa che spesso fatichiamo a pensare nel modo giusto.

Forse, vuol dire che non siamo così bravi a usare la nostra mente in modo da ottenere il risultato desiderato.

Chi guida l’autobus?

La libertà personale. Chi guida l'autobus?

A questo proposito, Richard Bandler dice che noi siamo esseri pensanti quando “pensiamo di proposito”, deliberatamente.

Quando invece lasciamo che i pensieri si affollino nella nostra mente come le nuvole durante un temporale estivo, come se vivessero di vita propria, allora perdiamo un po’ della nostra libertà personale.

Relativamente al saper o non saper “pensare volontariamente”, riporto qui di seguito un breve estratto tratto dal libro “Usare il cervello per cambiare” di Richard Bandler.

Da “Usare il cervello per cambiare” di Richard Bandler

«La maggior parte degli individui non utilizza attivamente e deliberatamente il proprio cervello […]

Per esempio, vi è mai capitato di starvene semplicemente lì seduti a occuparvi dei fatti vostri, o di essere profondamente addormentati, quando all’improvviso il vostro cervello vi fa balenare davanti un’immagine che vi spaventa a morte?

Quante volte capita che qualcuno si svegli nel cuore della notte perché ha appena vissuto un’esperienza di piacere estatico?

Se si è trascorsa una brutta giornata, allora più tardi il cervello ce ne offrirà delle vivide repliche, più e più volte. Non basta aver passato una brutta giornata; ci si può rovinare l’intera serata, e magari anche buona parte della settimana seguente.

La maggior parte delle persone non si ferma qui. A quanti di voi capita di ripensare a cose sgradevoli accadute molto tempo fa?

È come se il vostro cervello stesse dicendo: «Su, rifacciamolo! Abbiamo un’ora prima di pranzo, mettiamoci a pensare a qualcosa di veramente deprimente. Forse riusciamo ad arrabbiarci per quella faccenda con tre anni di ritardo».

Avete mai sentito parlare di “sospesi”? Non sono faccende in sospeso, sono finite; è solo che non vi è piaciuto come sono andate a finire.

Adesso voglio che scopriate come è possibile imparare a trasformare la vostra stessa esperienza, e ad acquisire un certo controllo su ciò che avviene nel vostro cervello.

La maggior parte delle persone sono prigioniere del loro stesso cervello. È come se fossero incatenate all’ultimo sedile dell’autobus, con qualcun altro al volante. Voglio che impariate a guidare voi stessi il vostro autobus personale. 

Se al vostro cervello non date qualche indicazione, o viaggerà a casaccio per conto proprio, oppure altre persone troveranno il modo di dirigerlo al posto vostro, e può ben darsi che non si preoccupino troppo di quelli che sono i vostri interessi. Anche se se ne preoccupano, è possibilissimo che si sbaglino!»

Saper usare la mente

La libertà personale. Non usare la mente di proposito
La libertà personale. Usare la mente di proposito

Se tutto questo è vero, e lo è, perché lo sappiamo tutti per esperienza personale, allora la prima cosa da fare è imparare a usare “di proposito” il proprio cervello.

Prendiamo l’esempio delle abitudini da cambiare.

Quello che succede, è che prendiamo delle decisioni con la nostra “consapevolezza conscia”, con quella parte della nostra mente che è la sede  del pensiero consapevole di sé e capace di volizione.

E la decisione potrebbe essere una cosa qualsiasi, come: «Voglio smettere di fumare» oppure «Voglio cominciare ad allenarmi».

Lo desideriamo veramente e magari ci sentiamo davvero pronti al cambiamento, ma poi, la nostra “consapevolezza inconscia”, quella parte della nostra mente che è sede anche delle nostre abitudini, ci riporta sulla vecchia via.

Allora forse potremmo definire la libertà personale così:

Libertà

La capacità di allineare la propria consapevolezza inconscia alla propria consapevolezza conscia.

L’abilità di “pensare di proposito”:

  • diventare consci dei propri pensieri inconsci
  • dirigere volontariamente il proprio processo di pensiero

Però, per poter fare tutto questo dobbiamo diventare consapevoli di “come” pensiamo, di ciò che accade nella nostra mente quando pensiamo.

Quali sono le specifiche attività che svolgiamo nell’atto di “pensare”?

Il fatto è che, quando sappiamo come funziona qualcosa, allora lo possiamo gestire.

E questo sarà l’argomento dei prossimi articoli.

Per il momento ti invito a fare un esercizio molto semplice, ma estremamente interessante.

Esercizio

Per iniziare potrebbero bastarti anche solo cinque minuti.

Trova un luogo tranquillo e siediti in silenzio.

Spegni o metti in silenzioso il cellulare e tutti i “device” che potrebbero essere elemento di disturbo.

Non c’è nulla di particolare che tu debba fare: non ti sto chiedendo di concentrarti sul respiro o sul momento presente.

Stai semplicemente seduto lì e lascia scorrere i tuoi pensieri, così come si presentano naturalmente e spontaneamente.

E osservali, nota ciò che succede all’interno della tua mente.

Come i pensieri si collegano uno con l’altro per associazione, come si annodano tra di loro per poi sciogliersi e cambiare direzione.

Nota se ci sono delle immagini, o se magari ricordi dei suoni. Forse c’è una “voce” che ti parla? È la tua stessa voce o è la voce di qualcun altro?

Cosa ti dici? Ti fai delle domande, ti dai delle risposte?

C’è un’intero universo all’interno della nostra testa.

Esplorarlo è un’avventura interessante che potrebbe riservarti qualche sorpresa.

Prova e fammi sapere smile

I benefici dell’attività fisica

I benefici dell’attività fisica

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Indice

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Rischio morte
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Diabete
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Cancro
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Osteoporosi
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Quante attività fisica è necessaria

I benefici dell’attività fisica sono un concetto talmente ovvio che viene da pensare che non valga neppure la pena di parlarne.

Ciononostante, come dico sempre, ciò che appare ovvio, non necessariamente lo è nei fatti.

Se lo fosse, tutti sarebbero in forma, ed è evidente che le cose stanno molto diversamente.

Certo, le persone spesso sono pigre e faticano a uscire dalla propria zona di confort, ma forse, se ci si rendesse davvero conto dei benefici dell’attività e, soprattutto, dei rischi dell’inattività, magari qualcuno in più si motiverebbe.

Un articolo pubblicato su PMC PubMed Central, parla proprio di questo, e si propone di fare una revisione della ricerca e della letteratura scientifica attuale sul ruolo svolto dall’inattività fisica nello sviluppo di malattie croniche e morte prematura.

Gli autori confermano che esistono prove inconfutabili dell’efficacia di una regolare attività fisica nella prevenzione primaria e secondaria di diverse malattie croniche (es. malattie cardiovascolari, diabete, cancro, ipertensione, obesità, depressione e osteoporosi) e morte prematura.

Sottolineano anche il fatto che l’inattività fisica è il più importante tra tutti i fattori di rischio modificabili, e cioè sotto il nostro controllo.

Sapendo questo… dalla consapevolezza dovrebbe nascere il senso di responsabilità.

Qui di seguito, ti riassumo le evidenze più importanti riportate dal suddetto articolo.

Rischio morte

I benefici dell'attività fisica. Rischio morte

Prevenzione primaria

Numerosi studi riportati nel suddetto articolo, dimostrano che l’essere in forma o attivi è associato a una riduzione del rischio di morte superiore al 50%.

E stiamo parlando di rischio di morte non solo per malattie cardivascolari, ma per qualsiasi causa!

Alcuni di questi studi hanno fatto una valutazione comparativa tra

  • persone in forma fisica, ma con altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari;
  • soggetti sedentarii senza fattori di rischio per malattie cardiovascolari.

I risultati della ricerca sono stupefacenti: le persone malate che fanno esercizio fisico, sono soggette a minor rischio di morte prematura rispetto ai sani sedentari.

Altrettanto o forse ancora più importante è sapere che anche solo modesti miglioramenti nella forma fisica in persone precedentemente sedentarie sono stati associati a grandi miglioramenti dello stato di salute.

Per esempio, secondo un altro studio, le persone che sono passate dal non essere in forma  all’essere in forma, in un periodo di 5 anni hanno avuto una riduzione del 44% del rischio di morte.

In sintesi, dice l’articolo, gli studi forniscono prove convincenti che, una regolare attività fisica e un elevato livello di forma fisica, sono associati a un ridotto rischio di morte prematura per qualsiasi causa e per malattie cardiovascolari, in particolare tra uomini e donne asintomatici.

Inoltre, sembra esistere una relazione “dose-risposta”;  le persone che hanno i più alti livelli di attività fisica e forma fisica sono a minor rischio di morte prematura.

Prevenzione secondaria

L’articolo sottolinea che, il fatto che siano stati provati i benefici dell’attività fisica su pazienti con malattie cardiovascolari accertate, è particolarmente importante.

E questo perché, per molto tempo, ai pazienti con malattie cardiache, veniva raccomandato il riposo e l’inattività fisica.

Altri studi dimostrano che l’impegnarsi in un regolare esercizio fisico può addirittura attenuare o invertire il processo patologico nei pazienti con malattie cardiovascolari.

Ad esempio, una revisione sistematica e una meta-analisi di 48 studi clinici hanno rivelato che, rispetto alle cure abituali, la riabilitazione cardiaca ha ridotto significativamente l’incidenza di morte prematura per qualsiasi causa e per malattie cardiovascolari in particolare.

È dimostrato che un dispendio energetico di circa 1600 kcal a settimana è efficace nell’arrestare la progressione della malattia coronarica.

Un dispendio energetico di circa 2200 kcal a settimana è associato alla riduzione della placca dei pazienti con malattie cardiache.

Anche l’allenamento a bassa intensità (per esempio, l’esercizio a meno del 45% della potenza aerobica massima) è stato associato a un miglioramento dello stato di salute tra i pazienti con malattie cardiovascolari.

Tuttavia, l’intensità di allenamento minima raccomandata per i pazienti con malattie cardiache è generalmente del 45% della riserva di frequenza cardiaca.

In sintesi, l’attività fisica regolare è chiaramente efficace nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari ed è efficace nell’attenuare il rischio di morte prematura tra uomini e donne.

Diabete

I benefici dell'attività fisica: il diabete

Prevenzione primaria

Una serie di studi (1, 2, 3), dimostrano che, sia l’esercizio aerobico, che quello di resistenza riducono il rischio di diabete di tipo 2.

Una revisione degli studi sull’argomento ha concluso che una modesta perdita di peso attraverso la dieta e l’esercizio fisico riduce l’incidenza della malattia, tra le persone ad alto rischio, di circa il 40%-60% in 3-4 anni.

Prevenzione secondaria

L’esercizio fisico produce effetti positivi non solo nella prevenzione del diabete, ma anche nella cura.

Uno studio ha dimostrato che i pazienti con diabete che camminano per almeno 2 ore a settimana hanno una riduzione dell’incidenza di morte prematura del :

  • 39%–54% per qualsiasi causa
  • 34%–53% per malattie cardiovascolari tra i pazienti con diabete.

Sia l’allenamento aerobico che quello di resistenza hanno dimostrato di essere utili per il controllo del diabete.

Tuttavia, l’allenamento di resistenza produce maggiori benefici per il controllo glicemico rispetto all’allenamento aerobico.

Cancro

I benefici dell'attività fisica. Cancro

Prevenzione primaria

Diversi studi e revisioni dimostrano la relazione tra cancro e attività fisica.

Dalla letteratura disponibile, tra cui oltre 100 studi epidemiologici, sembra che l’attività fisica sia associata a riduzioni dell’incidenza di tumori specifici, in particolare:

  • del colon;
  • della mammella.

Secondo uno studio, uomini e donne fisicamente attivi hanno mostrato una riduzione del 30%–40% del rischio relativo di cancro al colon.

Le donne fisicamente attive una riduzione del 20%–30% del rischio relativo di cancro al seno rispetto alle donne inattive.

Prevenzione secondaria

Vi è una scarsità di informazioni sull’efficacia dell’attività fisica nel prevenire la morte per cancro o per qualsiasi causa nei pazienti con cancro.

Tuttavia, due recenti studi di follow-up (1 e 2), che coinvolgono pazienti oncologici (cancro della mammella e del colon) hanno rivelato che una maggiore attività fisica auto-riferita era associata a una diminuzione della recidiva del cancro e al rischio di morte per cancro.

In particlare, uno di questi due studi ha rivelato una riduzione del 26%–40% del rischio di morte per cancro e recidiva di cancro al seno tra le donne più attive rispetto a quelle meno attive.

Altri studi hanno mostrato associazioni simili.

In sintesi, l’attività fisica regolare sembra conferire un beneficio per la salute ai pazienti con cancro accertato. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare il suo ruolo nella prevenzione secondaria del cancro.

Osteoporosi

I benefici dell'attività fisica. Osteoporosi

Prevenzione primaria

L’esercizio sotto carico, in particolare l’esercizio di resistenza, sembra avere i maggiori effetti sulla densità minerale ossea.

In una revisione, diversi rapporti hanno rivelato che:

  • le persone che facevano allenamento di resistenza avevano una maggiore densità minerale ossea rispetto a quelle che non facevano tale allenamento;
  • gli atleti che praticavano sport ad alto impatto tendevano ad avere una maggiore densità minerale ossea rispetto agli atleti che praticavano sport a basso impatto.

Inoltre, numerosi studi hanno esaminato gli effetti dell’allenamento fisico sulla salute delle ossa in bambini, adolescenti e giovani, adulti di mezza età e anziani (1, 2)

Una meta-analisi di RCT (Studio controllato randomizzato), ha riscontrato che i programmi di allenamento fisico prevengono o invertono quasi dell’1% la perdita ossea annua nella colonna lombare e nel collo del femore sia nelle donne in pre-menopausa che in quelle postmenopausali.

In più, altri studi dimostrano che l’allenamento fisico riduce significativamente il rischio e il numero di cadute.

Altri studi dimostrano che i tassi di frattura sono più bassi tra le persone che svolgevano più attività di carico rispetto alle persone sedentarie.

Questi risultati sono stati avvalorati successivamente da una ricerca che ha seguito per ben 21 anni 3.262 uomini sani con un’età media di 44 anni.

I risultati dimostrano che un’attività fisica intensa è associata a una ridotta incidenza della frattura dell’anca.

In sintesi, l’attività fisica sembra essere importante per prevenire la perdita di densità minerale ossea e l’osteoporosi, in particolare nelle donne in postmenopausa.

Prevenzione secondatia

Uno studio RCT (studio controllato randomizzato) dimostra che l’allenamento fisico è efficace nel migliorare la densità ossea nelle donne di età compresa tra i 75 e gli 85 anni,con bassa densità minerale ossea.

In questo studio, della durata di 6 mesi, i ricercatori hanno assegnato in modo del tutto causale 98 donne  a partecipare a:

  • allenamento di resistenza (32 donne);
  • allenamento di agilità (34 donne);
  • stretching (32 donne).

I risultati:

  • l’allenamento di resistenza ha comportato un aumento significativo della densità ossea corticale dell’1,4% all’albero radiale;
  • l’allenamento di agilità ha comportato un aumento significativo della densità ossea corticale dello 0,5% all’asta tibiale;
  • il gruppo di stretching ha subito perdite di densità ossea corticale.

Last but not least, un altro studio, che ha coinvolto donne osteopeniche in postmenopausa precoce, ha rivelato che un programma di allenamento intensivo di 2 anni è efficace nell’attenuare il tasso di perdita ossea.

In sintesi, questi risultati indicano che l’attività fisica regolare è anche un’efficace strategia preventiva secondaria, per il mantenimento della salute delle ossa e la lotta contro l’osteoporosi.

Quanta attività fisica è necessaria?

I benefici dell'attività fisica. Quanta attività fisica è necessaria?

A questo punto è chiaro che i benefici dell’attività fisica sulla salute sono molto importanti, sia dal punto di vista della prevenzione che dal punto di vista della cura.

Rimane da capire quanta attività fisica è necessario fare per potersi mettere, quanto più possibile,  in una posizione “di sicurezza” e godere ad ampio raggio di tutti questi vantaggi.

Quanto tempo dovremmo dedicare all’attività fisica e con quale intensità? Esistono “volumi minimi” e magari anche “volumi massimi” di esercizio?

Fortunatamente, lo stesso articolo di cui sopra, trova delle risposte anche a questa domanda e la prima informazione che ci da è la seguente: 

Ci sono prove che l’intensità dell’attività fisica è inversamente e linearmente associata alla mortalità.

Qualche altro dato

L’articolo prosegue riferendo i dati delle più recenti ricerche.

I peimi studi di Paffenbarger e dei suoi collaboratori hanno rivelato che un’attività fisica regolare, con un consumo di 2000 kcal a settimana, è associata a un aumento medio dell’aspettativa di vita di 1-2 anni all’età di 80 anni, e che i benefici sono costanti anche a minori livelli di spesa energetica.

Studi successivi (1, 2, 3) hanno dimostrato che un dispendio energetico medio di circa 1000 kcal  a settimana è associato a una riduzione del 20%–30% della mortalità per tutte le cause.

Sempre secondo l’articolo in question, attualmente, la maggior parte delle organizzazioni e dei professionisti della salute e del fitness sostiene un volume minimo di esercizio che consuma 1000 kcal a settimana e riconosce i benefici aggiuntivi di una maggiore spesa energetica.

Recentemente, i ricercatori hanno postulato (1) che livelli ancora più bassi di dispendio energetico settimanale possono essere associati a benefici per la salute:

Secondo alcuni, un volume di esercizio fisico di circa la metà di quello attualmente raccomandato, può essere sufficiente, in particolare (1) per le persone estremamente fuori forma o fragili e anziane.

Ricerche future cercheranno di determinare se consumare un minimo di 500 kcal a settimana offra benefici per la salute.

Sarebbe davvero bello, perché, in questo modo anche i più prigri tra noi, potrebbero sentirsi motivati!